QUANTO CONTANO LE MAPPE

di Marta Stella
Responsabile comunicazione e Consigliere delegato Borio Mangiarotti

«Guarda le bolle, sì le bolle blu». 
Se vi capita di passare dal secondo piano di via Lesmi 11, dove si trovano i nostri uffici, e di sentire questa frase, non preoccupatevi, non stiamo cercando le parole della celebre canzone di Mina… state pur certi che si sta parlando di mappe, anzi della mappa, quella di Milano, vista attraverso la lente del PGT, il Piano di Governo del Territorio, croce e delizia di chi, come noi, deve misurarsi con la pianificazione urbanistica. Quelle che noi comunemente chiamiamo bolle, sono le zone indicate come ad alta accessibilità, in termini di traspor-to pubblico. Immaginate di camminare per Milano e di trovarvi di fronte alla fermata di una metro, ecco siete in una bolla. Ve ne sono molte sparse nella mappa della città e dovrebbero aumentare considerato l’avvento delle nuove linee metropolitane. 
Nel nostro lavoro di costruttori e sviluppatori immobiliari, l’uso delle mappe è fondamentale per capire come interagire e come inserirsi nel processo di trasformazione della città, un processo dotato di regole, talvolta anche complesse, che variano al variare del tessuto urbano circostante.
La mappa è per noi un’immagine a livelli, un concetto simile a quello delle foto post prodotte con Photoshop, che presentano layer sovrapposti, con un dettaglio ogni volta diverso. Bolle, linee, retini e colori a segnalare quanto sarà possibile edificare in quella determinata zona, quali e quanti servizi si dovranno creare per soddisfare il fabbisogno fissato dall’amministrazione, quanto in alto si potrà andare con la nuova edificazione, quanto lontano dovremo stare dalle altre e così via… L’analisi di una nuova possibile operazione immobiliare comincia sempre dalla valutazione delle potenzialità di un’area rispetto alla sua localizzazione nella città.

L’eterno mantra del mercato immobiliare «location location location» non riguarda soltanto gli aspetti di accessibilità e di servizio ma si applica anche alle regole che il piano di governo del territorio ci impone, sia in termini urbanistici che morfologici.
Il PGT entrato in vigore a febbraio 2020, poco prima dello scoppio della pandemia, dovrebbe guidare tutte le prossime scelte di trasformazione urbana fino al 2030, in un’ottica di sviluppo della città che diventa sempre più centrifugo o per meglio dire multicentrico, con il progressivo allargamento dei confini della comune nozione di centro e la riqualificazione sempre più diffusa di aree semi periferiche e periferiche che dovrebbero diventare nuove destinazioni. Un’evoluzione che negli ultimi anni ha subito una forte accelerazione, destinata a continuare in vista delle Olimpiadi del 2026 e del recupero delle aree dismesse degli scali ferroviari, che costituiscono un’occasione da non perdere per la riqualificazione comples-siva della città. Una mappa, quella di Milano, destinata a cam-biare nei prossimi anni.
Urbano non poteva non approfondire un tema tanto affasci-nante, che da secoli ci vede impegnati nel tentativo di tradurre in scala quello spazio sconfinato che fa del mondo un luogo fantastico e al tempo stesso spaventoso, per un non celato de-siderio di controllarlo.
Le mappe sono lo specchio dei tempi, della cultura e del luo-go in cui sono state concepite. Un modo ogni volta diverso di raffigurare il mondo, fornendoci il punto di vista di chi le ha ideate.