FRONTE ACQUA

di Marta Stella
Responsabile comunicazione e Consigliere delegato Borio Mangiarotti

A noi che siamo gente di pianura
Navigatori esperti di città
Il mare ci fa sempre un po’ paura
Per quell’idea di troppa libertà…
…E la gente di mare va.


Il mare e le città. Un binomio indissolubile che ci riporta indietro nel tempo fino ai fasti delle città marinare, ai porti commerciali che hanno fatto la storia, alle tante città nate grazie al turismo, sempre più pressante.
Il tema di questo numero, che presenteremo durante la settimana del Salone del Mobile di Milano, fa subito pensare alla spensieratezza, alle vacanze, perché in effetti le città di mare sono spesso considerate un luogo di fuga, di sosta estiva temporanea, quasi fossero effimere.
Se però si guarda alle città di mare con la lente dell’urbanista, il tema assume connotati molto complessi: la lettura di alcuni arti-coli di questo numero di Urbano lo chiarisce immediatamente. Io sono una donna di città, nata, cresciuta e vissuta in città, a Milano da tutta la vita.
Tuttavia, pur non essendo un architetto o un urbanista, non metto in dubbio che le città d’acqua, e quelle di mare soprattutto, abbiano un grande potenziale per chi come noi si appassiona e si nutre di spazi da ricucire e restituire alla comunità. Penso alle tante città di mare visitate e frequentate negli anni: Genova, Napoli, Venezia o anche Barcellona, Amburgo e Marsiglia. Le città di mare hanno questa chiara identità fondata sulla fusione di cultura urbana e cultura marittima, elementi forte-mente umano-centrici si incontrano – e talvolta si scontrano – con la potenza degli elementi: acqua, terra e aria.
Con la crescita dei porti, il traffico crocieristico, le pedonalizzazioni dei lungomare e gli eventi sportivi legati al mare, le città di mare sono tornate prepotentemente alla ribalta. Ne sono un esempio le operazioni di recupero dei waterfront, importanti progetti di riqualificazione di intere parti di città da riconnettere con il tessuto urbano circostante.
Il termine inglese waterfront (letteralmente “fronte acqua”) indica una parte di territorio, non necessariamente urbana, riferibile non solo alla linea di costa marittima ma anche a quella di acque interne (laghi o fiumi). Leggevo di recente che «Per quanto riguarda i soli waterfront marini, l’Italia ha 7.914 chilometri di co-ste, di cui il 63,2 percento “basse”, con poco più di 300 chilometri occupati da circa 700 porti e opere marittime minori, soprattutto approdi turistici. 

Si noti anche che ben il 34 percento del territorio compreso nella fascia di 300 metri da queste coste è urbanizzato». Maurizio Carta ha sviluppato un’importante riflessione sul tema delle “città liquide” e dei waterfront come generatori di creatività urbana. Cito dal suo testo: « I waterfront urbani devono essere in grado di intercettare, interpretare e trasfor-mare l’intera città e non limitarsi al solo perimetro costiero. Il waterfront non è solo quella fascia che si affaccia sul mare o su un fiume, ma è un nuovo atteggiamento della città che entra in contatto con la liquidità (…). Il punto di partenza è la consa-pevolezza che, nelle dinamiche di trasformazione delle città, i waterfront urbani sono oggi una delle declinazioni più feconde delle città creative, di quelle città che stanno investendo sul-la valorizzazione della cultura locale, del talento identitario e delle eccellenze. I waterfront, infatti, sono per loro natura luoghi densi ed ibridi in cui risorse, opportunità, aspirazioni e ambizioni delle città si fanno visione, nuove relazioni e pro-getto. Sono aree della concentrazione dei capitali immobiliari, nodi di armature di flussi di merci e persone, luoghi di scambio di culture, porte delle nuove “capitali della cultura”». 
Si può leggere moltissimo su questo tema, anche studiando i molteplici progetti già realizzati o in corso e le tante idee an-cora sulla carta. Il tema dei waterfront rappresenta una grande sfida sia per la politica che per il mondo della progettazione. Tra i tanti spunti nei quali mi sono imbattuta, ne condivido qui uno che mi è sembrato interessante. 
Viene da un concorso di idee che suggerisce di considerare come primo aspetto il punto di vista. 
Spostare il baricentro dell’osservazione dalla terraferma al mare e, di lì, guardare la costa, gli elementi naturali e l’ambiente co-struito. Guardare le città “dal mare” consente di cogliere aspetti peculiari, da una prospettiva originale, individuando nel mare una risorsa primaria per la rigenerazione urbana e per favorire i processi di sviluppo locale, in un’ottica “marecentrica”.