MUSEI IN EVOLUZIONE

di Luca Molinari
Professore presso l'Università degli Studi della Campania "Luigi Vanvitelli"

Il museo è un’istituzione permanente senza scopo di lucro e al servizio della società, che compie ricerche, colleziona, conserva, interpreta ed espone il patrimonio culturale, materiale e immateriale.
Aperti al pubblico, accessibili e inclusivi, i musei promuovono la diversità e la sostenibilità. Operano e comunicano in modo etico e professionale e con la partecipazione delle comunità, offrendo esperienze diversificate per l’educazione, il piacere, la riflessione e la condivisione di conoscenze».
Quando nell’agosto del 2022 l’ICOM ha reso pubblica la nuova definizione di museo, al museo M9 abbiamo pensato di essere sulla giusta strada.
A partire dal primo dicembre 2018, il museo è stato aperto al pubblico e M9 ha progressivamente cercato di definire i suoi caratteri e di costruire contemporaneamente un dialogo crescente con tutte le comunità di territorio.
Gli elementi di partenza sono importanti da ricordare: l’unico museo dedicato alla Storia materiale del Novecento italiano; la più rilevante offerta multimediale del Paese, che definisce i caratteri di un museo di nuova generazione in linea con molte istituzioni nel mondo; cuore di una rigenerazione urbana che ha interessato una porzione rilevante del centro di Mestre, con un investimento significativo da parte del suo socio unico, la Fondazione di Venezia; un’architettura innovativa, aggiornata e di grande qualità progettuale realizzata dallo studio tedesco Sauerbruch Hutton a seguito di un concorso internazionale. L’obiettivo iniziale di M9 è stato quello di portare la storia di questo “secolo breve” e del nostro Paese nel centro di una città come Mestre, che ben rappresenta le complessità, le contraddizioni e la ricchezza di un periodo storico che le ha dato forma definitiva e un carattere unico nel contesto veneto. Questo intervento fissava insieme l’idea che il nostro è un tempo di rigenerazioni e rinascite all’interno del patrimonio urbano già costruito, piuttosto di dare forma a opere nuove, isolate dall’esistente. Rigenerazione fisica e simbolica si intrecciano nella struttura di M9 e gli danno forza all’interno della storia recente del nostro Paese.
Mestre è una città che sta cercando una nuova identità culturale, economica e sociale dopo la conclusione della sua grande stagione industriale e il progetto di rigenerazione dell’area dell’ex monastero/ex caserma su via Poerio, nel cuore della città, è da considerarsi come un’occasione vitale per rafforzare un nuovo polo pubblico e culturale che dia forma simbolica alla rinascita della città. Per questo motivo, dalla ripartenza post pandemica e con l’avvio della mia direzione scientifica abbiamo insistito su poche, chiare parole d’ordine: M9 è una casa aperta a tutti ed è, insieme, un laboratorio dedicato al presente e al futuro, perché si appoggia sulle spalle del secolo appena passato. Siamo passati dalla nozione di museo – visto come struttura tradizionale nella città – all’immagine di un’istituzione domestica, diversa, accogliente e in ascolto. 

Siamo passati da un centro dedicato alla narrazione della storia del Novecento a un laboratorio attivo in cui storia, ricerca, innovazione e confronto con le realtà locali e nazionali evolute giocano insieme, per costruire frammenti possibili per un futuro sostenibile.
In maniera quasi arrogante ho voluto usare la mia personale esperienza della direzione scientifica di M9 come occasione per spiegare come stiano cambiando l’immagine e il ruolo del museo nella città contemporanea. La figura del museo nasce storicamente come lascito generoso di un monarca alla comu-nità, per poi passare a essere centro democratico di una comu-nità che vi si rappresenta. La storia delle istituzioni museali è la storia sociale e culturale delle comunità che lo hanno voluto e, insieme, l’edificio che lo rappresenta è il monumento civile per eccellenza. Possiamo dire che, lungo i secoli e soprattutto negli ultimi decenni, la distanza tra il monumento e le sue comunità si è progressivamente ridimensionata, portandolo a diventare casa di tutti e luogo in cui alla tradizionale attività espositiva si è affiancata la necessità di offrire spazi e servizi sociali e culturali a chiunque.
Il museo continua a essere cuore e centro, diventando sempre più luogo di riferimento in un sistema urbano sempre più a misura di persona, ma la sua presenza è sempre più calda, informale, attenta ai linguaggi e alle narrazioni che puntano a portare il sapere a tutti, pur mantenendo una necessaria chiarezza e qualità scientifica. Il museo fisico è diventato allo stesso tempo museo digitale, modificando radicalmente la sua percezione nelle nostre vite. Noi tutti visitiamo i suoi spazi smaterializzati prima di camminare tra le sue mura e questa condizione sta modificando anche la nostra relazione simbolica con questo luogo. Lo stesso museo non è più solo nelle nostre città, ma si affianca alle decine di eventi, festival, spazi informali e gallerie che hanno moltiplicato nel tempo l’offerta culturale e le possibilità di essere comunità attraverso gli eventi. Questa condizione diffusa di compresenza e competizione naturale sta profondamente cambiando il nostro rapporto con la cultura e il suo consumo, oltre a impattare decisamente sulle economie dei territori. Basti pensare all’indotto economico e al prestigio pubblico che eventi come il Festivaletteratura di Mantova hanno sulla città da quasi trent’anni, o la Biennale di Venezia sul sistema lagunare, solo per fare due esempi vicini. Tutto questo ci dovrebbe far riflettere su come sia cambiata definitivamente la figura del museo e come i territori metropolitani del XXI secolo stiano elaborando involontariamente una teoria-pratica del fare cultura che sta ridisegnando dal suo interno la forma fisica e virtuale dei nostri territori.